Psicologia del senso del pudore (Parte II)

pudore

Riprendiamo da dove eravamo rimasti

Anche nello stesso luogo le norme variano moltissimo nel corso della storia. “Nei paesi occidentali, Italia compresa, il pudore è un sentimento molto ridimensionato rispetto al passato”, osserva Roberta Giommi, direttore dell’Istituto internazionale di sessuologia di Firenze. “Se un tempo era molto più intenso tra le donne, oggi potremmo dire che è simile nei due sessi. Tra le ragazze, più che la tendenza a nascondersi, prevale anzi la tendenza a mostrarsi (anche se resta il “divieto di toccare”).
Ci sono poi contesti in cui il pudore si attenua. “In palestra e negli spogliatoi si riduce perché il corpo è vissuto come un oggetto sportivo e non sessuato” prosegue Giommi. “Oppure negli ospedali, poiché si ritiene che medici e infermieri siano professionali e sessualmente neutrali. In genere, però, non scompare mai del tutto. Anzi: non sono rari casi in cui donne e uomini per pudore evitano di farsi visitare da ginecologi o andrologi, anche in presenza di malattie gravi”. 
Insomma, non ci vergogniamo con tutti allo stesso modo. “Il pudore è più forte con i “conosciuti abbastanza ma non troppo”, chiarisce Aquilar. “E’ basso con i familiari e gli amici stretti, non è mai eccessivo con chi è del tutto estraneo, mentre con gli intermedi può essere fortissimo”. Oltretutto ci possono essere due ragioni che spingono a coprire il corpo: il timore di suscitare desiderio, ma anche la paura di non essere desiderabili. Il primo è il pudore vero e proprio, il secondo è un aspetto più patologico e oggi sempre più diffuso.  

“La curiosità per il corpo nudo è istintiva, e nei bambini non deve essere repressa”, avverte Tiziana Bastianini, segretario scientifico della Società psicoanalitica italiana. “Un atteggiamento troppo rigido, che spinge i piccoli a provare una vergogna eccessiva, a lungo andare compromette il desiderio di conoscere ed esplorare il mondo, e favorisce un calo dell’autostima”. Può infatti subentrare “la vergogna della vergogna”, che suscita altre emozioni, come la rabbia per l’umiliazione, l’invidia, la paura di esporsi. “Più a rischio è la fase della pubertà, quando il corpo si trasforma e la nudità mette più imbarazzo”, chiarisce la psicoanalista. Il pericolo è che il ragazzo assuma una visione distorta del proprio corpo, o sviluppi un’attenzione esagerata per alcuni dettagli, come la dimensione del pene per i maschi, del seno o dei fianchi per le femmine. “E’ sempre più diffuso il fenomeno della dismorfofobia, in cui una persona teme di essere orribilmente deforme per qualche piccola imperfezione, o addirittura senza alcuna imperfezione, spiega Aquilar. In questi casi la vergogna può essere maggiore con persone del proprio sesso: perché più che di pudore si tratta di timore del confronto. 

In alcune situazioni il pudore scompare o si trasforma in un senso di orgoglioso esibizionismo. Succede, per esempio, quando vogliamo sedurre. “Nell’intimità sessuale è normale perdere ogni inibizione”, conferma Giommi. “E infatti, quando la coppia entra in crisi uno dei segnali può essere che il pudore si ripresenta: per esempio, uno dei partner comincia ad appartarsi quando si spoglia”. Allo stesso modo il pudore si attenua in luoghi in cui spogliarsi è normale (in spiaggia); e dove il contesto lo permette (campi nudisti) o lo richiede. E’ il caso delle performance artistiche e delle manifestazioni di protesta in cui il nudo, di solito imbarazzante, diventa un atto volutamente provocatorio, quasi di liberazione…ma queso non ditelo ai quattro di Kinabalu.

Fonte: Focus. Scoprire e capire il mondo. N. 274 – Agosto 2015
Autrice: dr.ssa Marta Erba

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